Prima di diventare psicologa, ho lavorato per molti anni in aziende, di piccole e medie dimensioni, importanti gruppi internazionali, studi di professionisti. Facevo tutt’altro, non mi occupavo di persone, ma di numeri, bilanci, crediti, debiti, segretariato, ecc.
Cosa mi ha spinto ad iscrivermi a psicologia? Beh innanzitutto è sempre stato un campo che mi appassionava, ho sempre letto libri sull’argomento, poi ho avuto un momento di crisi personale, ed ho iniziato ad andare in analisi. Sono sempre stata affascinata dalla figura dello psicologo, l’ho sempre visto un lavoro affascinante, ed infatti lo è…
Da cosa nasce cosa, tale era l’interesse per il campo “umano” che senza nemmeno crederci molto mi sono iscritta all’università ed eccomi qui.
Tutto questo per dire che l’aver lavorato in molti settori e molto diversi tra loro, mi ha permesso di conoscere i problemi che si riscontrano di solito negli ambienti lavorativi (anche negli ambienti psico ci sono problemi comunque!)
Esiste un ramo della psicologia che si chiama psicologia del lavoro che si occupa in modo specifico delle risorse umane e di difficoltà che si possono riscontrare in ambito occupazionale (mobbing, burnout, ricerca di personale).
In questo ambito di solito non si va ad analizzare la storia della persona, la famiglia, i suoi momenti importanti di vita, i sogni o le immagini, ma ci si concentra su aspetti differenti.
Si lavora con i test ad esempio per capire se un tipo di soggetto, con le sue caratteristiche, possa essere idoneo ad un dato lavoro; si indaga la resistenza allo stress; il funzionamento nelle dinamiche di gruppo; la capacità di integrazione in un team.
Ci sono però momenti nella vita di una persona, legati al lavoro, che possono incidere molto sul benessere/malessere di una persona.
Passiamo la maggior parte del nostro tempo settimanale sul posto di lavoro, spesso facciamo lavori che prevedano scadenze, obiettivi, collaborazione con colleghi e tutto questo incide notevolmente su di noi.
Nello stesso tempo ormai da anni siamo calati in una realtà di crisi economica, quindi costantemente sotto minaccia che le aziende licenzino, che ci siano tagli di stipendio o richieste di spostamenti; spesso ci sentiamo “costretti” a tacere e digerire situazioni per la paura di perdere il posto.
Quali sono i momenti più difficili/rischiosi che una persona possa affrontare lavorativamente?
Licenziamento
ricerca del lavoro come primo impiego
ricerca di un lavoro dopo essere stati licenziati
desiderio di avanzamento di carriera/cambiamento di posizione
riqualificazione professionale, per scelta o necessità, parlo del caso in cui uno decida di fare altro, magari riprendendo gli studi o nel caso sia costretto a cambiare totalmente tipo di lavoro perché ha perso il suo.
Non è semplice tenere divise la vita privata da quella lavorativa, a volte si riesce, altre volte i problemi del lavoro tornano a casa con noi ed incidono sulle relazioni con chi ci sta intorno, bambini compresi.
Il lavoro non per tutti è solo un modo per procacciarsi da vivere, intacca molto anche la nostra realizzazione personale.
Il lavoro inoltre è per tutti, uomini e donne, ma in modo ancora più incisivo per gli uomini, un aspetto della vita basilare. Ecco che:
il licenziamento comporta una totale revisione di tutti gli aspetti della propria esistenza, rinunce, cambiamenti di prospettiva, ferite nell’orgoglio, sensazioni di “vergogna”, sensazioni di perdita di efficacia sugli eventi
la ricerca del primo impiego significa invece mettersi in gioco, essere sottoposti a giudizio, subire anche frustrazioni di doversi sentir dire cose che possono non essere piacevoli
il momento della ricerca di un impiego dopo aver subito un licenziamento è un passaggio molto delicato, da un lato un momento di cambiamento, si aprono nuove prospettive, si possono creare nuovi scenari, dall’altro può essere anche un momento di grande calo dell’autostima, sensazione di inadeguatezza, paura di non farcela
in caso di riqualificazione professionale, siamo di fronte a un momento di cambiamento, se per scelta personale è accompagnato da nuovi obiettivi, anche grande impegno, mettersi in gioco. Nel caso in cui il cambiare totalmente la professione fosse una necessità non voluta, potrebbe comportare un senso di obbligo, frustrazione, abbattimento.
Quando cercare aiuto?
Quando i pensieri per il lavoro invadono totalmente la nostra vita, in modo quasi ossessionante…non si pensa che a quello, come fare, cosa fare, cosa dire, come dirlo…
quando ci sono effetti sul sonno, ci sentiamo irritabili, molto reattivi, le relazioni con le persone intorno a noi diventano difficili
quando ci sentiamo in un vicolo cieco e non riusciamo a vedere le cose da altre prospettive (non troverò mai più lavoro, non ce la farò mai ad affrontare quella riunione, farò tutta la vita questo lavoro che odio…)
quando viviamo in modo opprimente il dover affrontare ogni giorno l’ambiente lavorativo, iniziamo la giornata con difficoltà, magari con sensazioni di nausea, chiusura dello stomaco, respiro corto, ecc.
Ci sono molti campanelli di allarme, cerchiamo di ascoltare il nostro corpo, prestare attenzione ai pensieri che facciamo, alle nostre reazioni ad avvenimenti e persone, ai SOGNI anche (sempre sottovalutati, ma in quelli è l’inconscio che ci parla) dare retta alle persone che ci sono vicine se ci fanno notare delle cose, perché spesso dall’esterno si colgono di più dei segnali che noi siamo portati a sottovalutare o non voler vedere. Cerchiamo di prestare molta attenzione a quello che stiamo vivendo…
Quali sono i rischi? A cosa potremmo andare incontro?
Depressione
ansia
attacchi di panico
disturbo da stress
aumento dell’aggressività, compensazioni con cibo, alcool, sostanze stupefacenti o se già ne facciamo uso aumento della dipendenza.
Cosa ci può aiutare se stiamo vivendo un momento difficile sul lavoro?
Parlarne con familiare/amici
fare sport
meditare, praticare training autogeno, un hobby
se stiamo male anche staccare un pochino dal lavoro, prenderci qualche giorno di vacanza
nel caso in cui il malessere cominci a diventare insostenibile, intaccando anche tutti gli altri ambiti di vita rivolgerci al medico o ad uno psicologo/psicoterapeuta.
Il lavoro è comunque solo una parte della nostra vita, non è la nostra vita. Non siamo solo il nostro lavoro, cerchiamo di relativizzare e pensare che sia un mezzo per procacciarci da vivere. Certamente se riusciamo ad affrontarlo in modo “positivo”, con buone relazioni con capi e colleghi, ne beneficerà anche tutto il resto. Fare un lavoro che piace, mi rendo conto, aiuta certamente, ma sono anche consapevole che non sempre sia possibile.
Come vivi il tuo lavoro? É un peso per te alzarti ogni mattina o ci vai volentieri?
So cosa significhi, amo molto la mia attuale professione di psicologa e se potrò aiutarti sarò felice di farlo.
Se vuoi lasciami un commento, ti risponderò oppure contattami e passa a trovarmi.
Buon lavoro a tutti!
2 Comments
Buona sera dottoressa. Trovo questo articolo davvero molto interessante e in un qualche modo, rispecchia la mia vita. Dopo vent’anni passati come capo turno in una grossa multinazionale, per svariate motivazioni, tra cui anche il lavoro, mi ammalo di depressione. Inizio un percorso con una brava psicoterapeuta e rimango a casa in malattia. Dopo sei mesi, non posso usufruire dell’Inps e torno in fabbrica con una mansione provvisoria differente. Sto sicuramente meglio, ma il pensiero di tornare in turno, soprattutto il notturno, mi crea ansia, molta ansia. Perdo l’idoneità alla mansione di capo turno e l’azienda mi indica cotesemente il cancello. Ora è un anno che sono senza occupazione. A 50 anni, senza un titolo di studio è dura rimettersi in gioco nel mondo del lavoro. Ormai sono quasi tre anni di incontri con la psicoterapeuta, da incontri bisettimanali siamo passati a uno ogni 15 gg, ma nella mia situazione è davvero difficile. Un saluto e grazie
Buongiorno Sergio, poso comprendere la difficoltà in cui si trovi. A 50 anni non è semplice trovare un nuovo lavoro. Ha fatto bene a farsi aiutare da una professionista, può essere utile per ritrovare nuovi stimoli (magari provare a rimettersi a studiare, se possibile), e soprattutto a non abbattersi troppo per la situazione. Il lavoro è una parte molto importante della nostra vita, a volte genera ansia, ma se serve una pausa con conseguente malattia, non trovo corretto il licenziamento. Ovviamente non conosco la situazione, ma le auguro di stare meglio e di trovare al più presto una nuova posizione lavorativa. Mi faccia sapere come sta e BUONE FESTE!